lunedì 22 dicembre 2008

A volte ritornano

Dopo più di un mese e mezzo dall’ultimo mio vero post, mi rifaccio vivo per comunicare che questo blog chiude. Quando la scorsa estate avevo iniziato l’avventura, pensavo di parlare di tante cose, ed invece ho finito per avere pochi argomenti ed ancor meno voglia di scriverne.
Il blog “generalista” non è nelle mie corde, pertanto ritornerò alle origini, con un nuovo blog sui fumetti, per rinverdire i fasti (?) del vecchio “Faro di Kupe”, seppure con presupposti leggermente diversi. Tra l’altro, questo cambio di rotta spero mi darà la possibilità di sviluppare meglio un nuovo, ambizioso progetto pensato con l’amico Heike (…stay tuned!).
Spero che chi mi ha seguito fin qui abbia voglia di continuare a farlo, magari aggiornando anche i propri link…
Ci si vede di , venite tutti!

Nell’immagine, Bartolomeo Pestalozzi riprende il suo posto di guardiano del faro (disegno di Wally Wood tratto da “The Haunt of Fear #1”, 001 Edizioni)

mercoledì 19 novembre 2008

venerdì 14 novembre 2008

Accademia della Crusca


La fine è vicina, parola del Ragazzo Rotula.

martedì 4 novembre 2008

Sei stato taggato

Torno dall’ultima Lucca Comics carico di rinnovati entusiasmi. Frequento la fiera fin dal 1990 e non ricordo un’edizione più affollata di questa, che trovo molto rappresentativa del momento che stiamo vivendo. Migliaia di stimoli, di richieste di contatto, di tribù in cerca di visibilità, di informazioni e di eventi in sovrapposizione continua, senza nessuna possibilità di trovare i bandoli delle varie matasse. Come un affollato account Facebook con centinaia di “amici” dalle provenienze più diverse, ciascuno con le proprie storie. Eppure in mezzo a questo intruglio di varia umanità è ancora possibile ritrovare quello a cui sei davvero legato, gli affetti più cari e le cose più belle. Certo, bisogna passare attraverso cosplayer, GDR, anime senza sottotitoli ed action figure (non me ne vogliano i vari appassionati, li guardo con affetto sincero, anche se abitano su altri mondi), ma tra una ragazzina mezza nuda con gli stivaloni rosa a mezza coscia e il busto 1:1 in resina dell’Uomo Improbabile, si riescono a scovare ancora quelli che continuano imperterriti e quasi eroici a ricercare il segno ed un senso.
Quest’anno, grazie anche al debutto del calendario che ho contribuito a curare, ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere molti disegnatori, che hanno tutti confermato, una volta di più, la loro autentica umanità. Mi ha sorpreso la vitalità dei Maestri e sono stato rincuorato dall’umiltà e dall’entusiasmo dei giovani, tanto da convincermi che il fumetto in Italia può ancora dire molte cose belle, nonostante le strategie sbagliate di molti editori, grandi e piccoli. C’è chi si lamenta perché vorrebbe che dalle fiere fosse bandito tutto ciò che non è strettamente correlato al fumetto, ma io vi assicuro che anche in queste condizioni è estremamente piacevole imbattersi nella verve di Milazzo, nella dolcezza di Giardino o nella sagacia di Scòzzari… Anzi, forse è ancora più bello e prezioso, ed è un viaggio che vale sempre la pena fare.

venerdì 31 ottobre 2008

Odi et amo

Io odio El Diego perché è stato forse il più grande calciatore di tutti i tempi ma ha buttato la sua carriera nel cesso, ubriaco di eccessi, droghe, doping, alcol e sregolatezze assortite. Lo odio perché nel 1990, quando disputò forse il suo peggior mondiale, riuscì lo stesso ad eliminare l’ultima Nazionale azzurra con la faccia pulita e che giocava bene. Lo odio soprattutto perché ai mondiali del 1994, risorto dopo anni di crisi con un magnifico gol agli Stati Uniti, fu trovato positivo all’efedrina proprio dopo quel match e quindi cancellato per sempre dalle maggiori competizioni calcistiche.
Ma io lo amo anche El Diego, lo amo profondamente. Lo amo perché nessuno ha mai segnato i gol che ha segnato lui, dalle posizioni più improbabili e con le traiettorie più imprevedibili, spesso alla conclusione di geniali e irridenti ricami di dribbling. Lo amo perché non aveva un fisico da atleta, ma era soltanto un tracagnotto sormontato da un cesto di ricci, legittimo erede di una razza di immigrati sfigati: però quando scendeva in campo cominciava a danzare con eleganza, alternando scatti felini e folgoranti intuizioni da fermo, in un misto di indolenza, tango e poesia. Lo amo perché El Diego ha vinto gli ultimi mondiali belli della storia del calcio, quelli del 1986 in Messico, quando ancora gli sponsor erano pochi, di soldi ne giravano meno, le televisioni si occupavano soprattutto di altro e non esistevano tatuaggi, veline, squadre corte, rose allargate e preparatori atletici. «Pumpido, Cuciuffo, Olarticoechea…» Ricordo bene la filastrocca di quella formazione, composta perlopiù da oscuri gregari di centrocampo e da pericolosi ceffi da galera in difesa, ma con davanti un trio di veri fuoriclasse. Burruchaga a destra, un’ala di vecchio stampo instancabile e precisa, e Valdano a sinistra, il puntero di peso implacabile sotto porta: e poi nel mezzo lui, il Genio, un po’ regista e un po’ centravanti, immarcabile, libero di muoversi e di inventare, con 5 assist e 5 gol in 7 partite. Tutte prodezze memorabili, per me in particolare la doppietta segnata al Belgio in semifinale, davvero la quintessenza del Football. È notizia di questi giorni, proprio mentre il Napoli è di nuovo in testa alla classifica dopo mille anni, che El Diego guiderà la Selección argentina, detentrice del titolo olimpico e al settimo posto nel ranking mondiale FIFA. Forse è solo una manovra mediatica, che di sicuro farà gola agli sponsor, ma a me piace pensare che El Diego qualche buon consiglio riuscirà a darlo, magari proprio a Leo Messi, l’ultimo dei suoi numerosi eredi, finora tutti illegittimi.


Nelle immagini, un ritratto di Diego scippato all'illustratore Jerzovskaja e l'icona dello scippo più famoso della storia del calcio, la Mano de Dios, così rappresentata su un muro di Helsinki

martedì 28 ottobre 2008

Thundering Smiles! :-D

Sembra incredibile, ma al di là dei soliti polpettoni buoni per tutti i palati, Hollywood è ancora in grado di sorprenderci. Sette anni dopo il cult “Zoolander”, Ben Stiller torna dietro la macchina da presa con “Tropic Thunder” per raccontarci di un gruppo di attori primedonne (fra cui lui stesso, Jack Black e un Robert Downey jr. magnifico, da Oscar) alle prese con l’ennesimo film sul Vietnam: problemi fra il produttore e il regista convincono quest’ultimo a ricercare un maggiore realismo nelle riprese, tanto da spingere i nostri eroi fra le braccia di veri narcotrafficanti armati fino ai denti...
Le gag e le battute sono spesso irresistibili, gli attori in stato di grazia e feroce è il sarcasmo nei confronti di un certo modo molto americano di fare cinema; si ride di gusto, e viene da pensare quanto ancora siano grandi ed in parte inesplorate le potenzialità del genere comico.
Stiller si conferma un attore straordinario ed un regista dalle capacità sorprendenti (se la caverebbe alla grande anche con un “action movie”), oltre che un raro esempio di autore completo, considerando che ha contribuito alla sceneggiatura ed alla produzione. Impedibili i finti trailer prima dell’inizio del film ed il cameo di un eccezionale Tom Cruise, di cui vi do un assaggio: fa bene allo spirito quando un’icona ride così di se stessa, e mi viene da piangere a pensare a quanto invece gli attorucoli nostrani si prendano sul serio… Ve lo immaginate, che so, Raul Bova, a ballare così? Naaaaaa… :-(

martedì 21 ottobre 2008

lunedì 20 ottobre 2008

I Visionauti


È con un po’ di emozione e con tanto orgoglio che vi parlo de “I Visionauti”, un progetto molto bello e importante (lo dico senza falsa modestia) a cui ho avuto il piacere e l’onore di partecipare.
In breve, i Visionauti sono 32 artisti italiani e stranieri che hanno realizzato, a scopo benefico, un calendario in 2 versioni (*) per conto della sezione di Prato dell’Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi, di cui io stesso sono consigliere.

Al progetto, coordinato e diretto con passione e maestria dall’amico Niccolò Storai, hanno aderito, fra gli altri: Scott Morse, Ivo Milazzo (autori delle 2 copertine, che potete vedere in anteprima), Miguel Ángel Martín, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon e Dave Taylor. Tutti nomi che credo non abbiano bisogno di presentazioni.
Le 2 versioni differiscono completamente l’una dall’altra e contengono ciascuna 15 disegni ed un racconto di Lorenzo Bartoli (tutto materiale inedito). I proventi della vendita serviranno interamente per continuare a garantire servizi utili ai portatori di handicap della vista.
Si può acquistare, al costo di 10 euro, nei seguenti modi:
- alla prossima Lucca Comics (30 ottobre-2 novembre, presso gli stand Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce e Tunuè)
- attraverso il catalogo Anteprima che presenterà il calendario nel numero di novembre;
- presso la fumetteria “Mondi Paralleli” di Prato (v. Ser Lapo Mazzei n° 26, tel. 0574-41903, e-mail mondi_paralleli@inwind.it);
- scrivendo all’indirizzo: visionauti@gmail.com.

Grazie a tutti quelli che vorranno contribuire!

The Visionauti are 32 italian and foreign artists who realized, for a charitable aim, a calendar in two versions, for the account of the Prato section of the "Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi". Between them we remember: Scott Morse, Ivo Milazzo, Miguel Angel Martin, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon and Dave Taylor. The two versions are completely different one to the other and each one contains 15 drawings and a short story by Lorenzo Bartoli (everything is unpublished). The income deriving from the sales will be entirely used to continue to guarantee useful services for sight disabled people. You can buy the calendars for 10 E. each during the next Lucca Comics (30th october-2nd november at the stands Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce and Tunuè) or writing to: visionauti@gmail.com.

giovedì 16 ottobre 2008

Sado Maso

Talvolta capita che i pensieri si aggroviglino in nodi inestricabili, e allora si cerca di venirne a capo con la riflessione e la scrittura, che creano un po’ di distanza e di ordine. È quello che mi è successo in questi giorni, dopo aver appreso della semilibertà concessa a Pietro Maso. La prima reazione, “di pancia”, si rifà direttamente a quel tipo di semplificazioni che ti portano a dire che «in Italia non esiste la certezza della pena», e subito penso che anche questa decisione non mi sembra giusta, equa, adeguata. Poi però, immediatamente dopo, mi chiedo se questa società sia davvero in grado di dare una risposta “giusta”, “equa” ed “adeguata” a delitti così atroci, e tento anche di convincermi della possibilità che quest’uomo possa davvero aver fatto i conti con la propria coscienza, e che quindi possa essere cambiato… In fondo, il carcere non dovrebbe avere soltanto una funzione punitiva, giusto? Ma poi mi ritornano in mente gli atti processuali e le migliaia di lettere dei fan di Maso, e devo constatare, mio malgrado, che il terreno che ha generato questa ed altre mostruosità è probabilmente ancora molto fertile. Me lo immagino già come ospite di un qualche show dell’orrore, alla ricerca di quella fama maledetta ormai perduta, ridotto soltanto ad una porzione di fast food proibito per un pubblico avido di morbosità.

Trovo un po’ di quiete grazie a Paolo Bacilieri, autore, ormai 12 anni orsono, di un albetto di 16 pagine (edito dalla defunta Phoenix e ristampato di recente da Comma 22 su inguineMAH!2008, dietro una folgorante cover sempre di Bacilieri) che racconta questa vicenda alla sua maniera, in un caleidoscopio strabordante di suggestioni ed inquietudini che però risultano molto più lucide ed efficaci di molti saggi od articoli di giornale. “The Supermaso attitude” rimane secondo me uno dei lavori migliori e più originali di Bacilieri, anche se Paolo poi sarebbe cresciuto ancora, perfezionando il tratto e la tecnica narrativa, fino a diventare uno dei pochissimi autori ad aver portato stile e personalità nello stantio panorama bonelliano.
Mi risuona nella testa anche una frase scritta da Daniele Brolli nell’introduzione:
«Il parenticidio di Pietro Maso non è interamente giustificato da motivi di interesse, vi è anche qualcosa che appartiene all’inarticolato: forse la psiche, forse il nulla…».
Ecco, il nulla. Anzi, il Nulla. Forse è proprio questa l’entità invincibile su cui tentano inutilmente di aggrovigliarsi i miei pensieri, nel patetico sforzo di contenerla.

Riferimenti: “The Supermaso attitude” di Paolo Bacilieri, Phoenix Enterprise, 1996

Nella vignetta di Bacilieri, una tardiva quanto effimera presa di coscienza

mercoledì 8 ottobre 2008

Perché Rob Liefeld è grande

Leggendo qui le impietose critiche dell’amico Heike nei confronti di Rob Liefeld, mi è venuta voglia di parlare finalmente di questo autore, che io considero una delle figure più importanti nella storia recente del fumetto popolare. Mi immagino che a qualche palato fine, leggendo la mia affermazione precedente, sia venuta voglia di vomitare, e di sicuro bisogna ammettere che i disegni del buon Rob non sono esattamente dei “bei disegni”. Lo possiamo accusare di tutto: scarsa conoscenza della prospettiva e dell’anatomia, gusto kitsch per costumi improbabili e armamentari esagerati, espressioni dei personaggi limitate a 2 (“digrignata” e “molto digrignata”), fino alle sproporzioni che lo hanno reso celebre, vale a dire teste piccole e piedi piccolissimi alle estremità di corpi enormi e gonfi (pur essendo squadrati!), con muscolature maschili e curve femminili ben oltre le leggi della fisica newtoniana. Tutte accuse fondate e legittime, senza contare che Liefeld è colpevole anche del reato più grave, cioè quello di aver “mortalkombatizzato” (espressione sua) i fumetti di supereroi, fotografando sulla carta stampata i livelli dei videogame di genere “sparatutto”, spesso senza neppure un minimo di coerenza narrativa. E tuttavia le tavole di Liefeld sono piene di forza, sparano (letteralmente) energia da ogni vignetta, e sembrano pulsare di una bizzarra vita propria, magmatica e chiassosa. Sono anche rozze, indubbiamente, sgradevoli, probabilmente volgari e alla fine fastidiose, ma il loro fascino secondo me sta anche qui: di cercare il segno si occuperanno altri, più raffinati ed intellettuali, a Rob interessa solo la dimensione più popolare e commerciale del fumetto, proprio come ai suoi colleghi più oscuri della rutilante Golden Age, un tempo misconosciuti, quando non disprezzati, ed ora riscoperti e apprezzati (cfr. ad esempio Fletcher Hanks).
Non dimentichiamoci poi che Liefeld è stato un po’ il Jean-Marc Bosman del fumetto americano, contribuendo alla fine del duopolio Marvel-DC con la fondazione della Image e quindi all’affermazione degli autori come i soggetti più importanti del comicdom, con tutto quel che ne è seguito, compresi i fenomeni di marketing selvaggio e di mercenariato, di cui lui stesso è uno dei protagonisti più significativi.
Rob Liefeld, uomo dotato di poco talento ma di molta forza e convinzione, è riuscito nell’impresa di conquistare i soldi e la fama, con vertiginosi alti e bassi, ma sempre con lo sguardo spavaldo ed il sorriso invincibile: Rob Liefeld è davvero, in conclusione, il sogno americano moderno impersonificato.

L’ immagine (di Rob Liefeld, of course) illustra bene perché Cable sia stato uno dei personaggi più di “rottura” del fumetto americano degli ultimi 20 anni (tratta da Cable & Deadpool #1, Marvel Comics, 2004)

lunedì 6 ottobre 2008

Odissea nell'orgasmo



Un bizzarro cartoon, forse vecchio, forse polacco... A me ricorda un po' certa roba di Mattioli, qualcuno sa chi l'ha fatto e quando?

lunedì 29 settembre 2008

Verdure indigeste


Negli ultimi tempi, con un paio di esempi clamorosi, il fumetto americano mainstream ha valicato i confini della pagina stampata per confrontarsi con argomenti e sistemi di comunicazione che non gli sono esattamente propri.
Da una parte la Marvel lancia l’ennesimo mega-evento con una campagna di viral-advertising senza precedenti in TV e sul web (guardate qui!), in cui gli alieni mutaforma Skrull rivelano finalmente a tutti di essere presenti da decenni sul nostro pianeta, dissimulando bontà e intenzioni pacifiche. Tutti i lettori di comics sanno in realtà che gli Skrull sono dei fetentoni, e anche se la cosiddetta “Secret Invasion” è ancora in corso, c’è da scommettere che le loro intenzioni saranno tutt’altro che amichevoli. Siamo quasi al livello di delirio ossessivo delle storie pubblicate durante e dopo la guerra, dove però le quinte colonne e i nemici erano più facilmente riconoscibili; qui invece si scopre che anche il nostro prossimo più intimo potrebbe essere un rettilone verde sotto mentite spoglie, in un crescendo di paranoia degno dei migliori (e peggiori) film di fantascienza degli anni ’50.
Da un’altra parte, Erik Larsen esprime la sua preferenza presidenziale per Obama addirittura in copertina, attraverso la sua creatura più famosa, Dragon, l’eroe dalle sembianze di rettile. Strane coincidenze, si potrebbe pensare che anche Dragon è uno Skrull, e quindi che la Marvel appoggia McCain… Io penso che Larsen avrebbe potuto risparmiarsi questa uscita (molto meglio 4 anni fa, in cui lo stesso Dragon partecipò alle elezioni, scazzottando anche George W. Bush nel n° 119), mentre spero che alla Marvel non abbiano reali intenzioni propagandistiche, sebbene stuzzicare la diffidenza anche nei confronti delle persone più vicine sia un po’ il leit-motiv degli ultimi anni (cfr. “Civil War”).
Alla fine, era meglio quando alle elezioni si candidò Orestolo il Papero, almeno non c’era niente da prendere veramente sul serio… SIGH!!!

Nelle immagini, alcuni spunti che avrebbero potuto salvare Pecoraro-Scanio

Prima stella a destra

È sempre difficile rinnovare un mito planetario con 70 anni di storia rimanendo fedeli a tutti i presupposti che lo contraddistinguono, eppure pare proprio che Grant Morrison e Frank Quitely (senza dimenticare l’apporto fondamentale e personalissimo del colorista Jamie Grant) ci siano riusciti. La loro versione di Superman, infatti, riesce a condensare e a far brillare di luce nuova tutti gli elementi che hanno contribuito a costruire la leggenda del Primo Supereroe, aggiornandoli al gusto contemporaneo senza mai tradirli. In particolare, oltre a tutti i comprimari (Krypto compreso!), ritroviamo anche molte delle situazioni più classiche già viste a partire dagli anni ’50, come i superpoteri di Lois o le bizzarrie che vedono protagonista Jimmy Olsen, integrando quindi in questa nuova continuità narrativa anche molte storie immaginarie del passato.
Morrison risulta piacevolmente (e sorprendentemente) misurato nella prosa, mentre Quitely ci regala secondo me il suo capolavoro, ricavando il massimo da quel caratteristico tratto “rugoso”, plastico e sexy, in cui mescola e rielabora tutti i simulacri dei personaggi succedutisi nel corso degli anni: il suo Supes deve qualcosa alla versione animata dei Fleischer, mentre Lois e Luthor somigliano un po’ anche a Kate Bosworth e Kevin Spacey.
In conclusione, questa è secondo me davvero la versione “ultimate” di Superman, anche se di tanto in tanto, tra una vignetta e l’altra, si respira una strana aria un po’ funerea, come se questa sequenza di storie rappresentasse una sorta di epitaffio del personaggio.

Riferimenti: “All-Star Superman Volume 1” (contiene i nn. 1-6), di Grant Morrison (testi), Frank Quitely (disegni) e Jamie Grant (chine e colori digitali), ed. DC Comics, 2008

Nell’immagine di Quitely e Grant una mirabile rivisitazione, in sole 4 vignette, delle origini del mito

sabato 27 settembre 2008

Paul Newman (1925-2008)

Saranno altri più bravi di me a ricordare degnamente questa leggenda del grande schermo.
Io mi limito a pubblicare questo frammento impastato di leggerezza e malinconia, due sensazioni che il suo sorriso mi ha sempre ispirato.
So long, Paul.

domenica 21 settembre 2008

Scostumati

Grazie al cofanetto regalatomi dal mio caro amico (nonché comics-pusher) Roberto, ho potuto vedere finalmente tutta la prima serie di “Heroes”, che avevo (ingiustamente) snobbato alla sua messa in onda a causa della mia idiosincrasia verso la televisione, che ho smesso di guardare dal 2002.
Niente da dire, la serie mi ha preso e mi è piaciuta parecchio, e non avrebbe potuto essere altrimenti, considerando la mia insana passione per i fumetti e per i supereroi in particolare. L’idea di base, mutuata spudoratamente dagli “X-Men”, non è a dire il vero per niente originale, ma è innegabile che le mutazioni genetiche più o meno spontanee rimangono l’espediente meno ridicolo per giustificare la manifestazione di super-poteri. Per il resto, a parte le inevitabili incongruenze tipiche dei prodotti seriali, tutto funziona a meraviglia, e le situazioni classiche delle avventure supereroiche sono sviluppate in modo molto attuale e coinvolgente, a dimostrazione che certi elementi fumettistici sono ormai assurti a veri e propri “tòpoi” mitici moderni.
Vengono riproposte fedelmente anche quelle atmosfere pesanti che da un po’ di tempo sono caratteristiche delle storie di supereroi: senso di oppressione, buio, sangue, morte, distruzione. Insomma, anche gli “Heroes” si prendono parecchio sul serio, e non basta la figura buffonesca di Hiro Nakamura per alleggerire il clima. Non è un caso, infatti, che nella serie siano assenti maschere e costumi colorati, sarebbero stati troppo poco credibili in quel contesto, ed avrebbero finito per stemperare del tutto la tensione da thriller fantastico così mirabilmente costruita.
E tuttavia, io ai costumi rimango affezionato, perché per me continuano a rimanere un elemento imprescindibile delle storie di supereroi, e non solo per la loro valenza iconica e distintiva, quanto piuttosto per la loro capacità di riportare tutto su un piano di dichiarata “non verosimiglianza”, che rappresenta il vero trionfo della fantasia.

Da sottolineare, per concludere, il curioso apporto di alcuni registi di genere ora un po’ dimenticati, come John Badham (“Tuono blu”, “Wargames”, “Corto circuito”) e Jeannot Szwarc (“Lo squalo 2”, “Supergirl”), mentre il creatore di “Heroes”, Tim Kring, ci aveva già provato 20 anni prima con la serie di culto “Misfits of Science”, da noi andata in onda sulle reti private.

Nell’immagine, una giovanissima Courtney Cox ritratta insieme ai suoi primi coinquilini, molto più interessanti degli “Amici” di poi che tutti conosciamo

martedì 2 settembre 2008

Fuck Your Idol

Endurance Racing® ha l’onore ed il piacere di sponsorizzare una nuova, strepitosa iniziativa, “Fuck Your Idol”©, grazie alla quale, con pochi spiccioli, ogni uno di Voi potrà visualizzare il sogno più perverso della sua altrimenti scialba vita sessuale: coitare selvaggiamente con il proprio idolo!!!
Sì, cari amici di Endurance Racing®, è proprio così: un gruppo di professionisti del fumetto e dell’illustrazione (che rimarranno anonimi per ovvi motivi di opportunità) disegnerà con stile dinamico e verosimile il vostro corpicino ansimante che si avvinghia al sembiante carnale di una diva del cinema piuttosto che di un supereroe dei fumetti o di una cariatide della politica!
Realizzare questo sogno è molto semplice, non dovete fare altro che scrivere all’indirizzo e-mail a fianco specificando la posizione dell’amore preferita e l’idolo oggetto delle Vostre fantasie, e allegando al contempo due Vostre foto, un primo piano e una figura intera. I disegni saranno realizzati tutti a colori in formato A4, al costo di soli 499,99 euro!!!

Un vero affare, precipitatevi!!!

Nel disegno di Jim Mooney, una Supergirl zoofila attende l'arrivo di fan generosi

domenica 31 agosto 2008

Sunday Morning Toon

Rieccomi, con un favoloso cartoon d'epoca ("King-Size Canary", 1947) che si riallaccia in qualche modo al finale del filmato pubblicato nell'ultimo post. Dal genio di Tex Avery, of course. Buon anno a tutti! :-)

sabato 16 agosto 2008

Italian Spiderman Movie - Episodio 10 di 10

Magnifico, la degna conclusione di un progetto folle e straordinario. I baffi-boomerang sono una invenzione strepitosa. Io ci ho visto molti riferimenti a certo cinema italiano di genere, ormai purtroppo morto e sepolto... Peccato che questa preziosa eredità in patria non sia stata raccolta da nessuno, Jesus Christo!!! :-)

domenica 10 agosto 2008

Notte di San Lorenzo


“Tutto ciò che vediamo delle stelle non sono che le loro vecchie foto”
(Dr. Manhattan, Watchmen)

Il vostro pilota preferito si prende qualche giorno di riposo, alla volta di nuovi ingorghi ispiratori.
Ci rivediamo a settembre, buone vacanze a tutti!

Nell’immagine di Solano López, l’Eternauta resiste all’afa

mercoledì 6 agosto 2008

Sono un agente del caos

Il Joker di Heath Ledger, che spicca prepotentemente nel “Dark Knight” cinematografico di Christopher Nolan, mi ha colpito come una delle figure più inquietanti mai apparse sul grande schermo, degno erede dei mostri più spaventosi che hanno popolato i miei incubi da post-visione.
Pura malvagità, senza banali fini lucrosi, in una tensione sadiana verso l’assoluto che turba e sconvolge, ma allo stesso tempo affascina. Niente sembra lasciato al caso nella costruzione del personaggio, ed anche il più piccolo particolare esalta l’orrore che rappresenta: gli occhietti folli esaltati da due pozze nere e irregolari di trucco sfatto, il rossetto sopra le raccapriccianti cicatrici che incornicia il ghigno ingiallito, i capelli verdi e filamentosi da gorgone, le movenze da burattino schizofrenico. Ma il vero tocco da maestro è il suono che il Joker emette tra un discorso e l’altro, un sibilo biascicato da serpente che sembra far intuire il piacere anche fisico che il criminale prova quando preannuncia le proprie mostruose intenzioni. Niente a che vedere con il grottesco cicisbeo interpretato da Jack Nicholson nella pellicola del 1989, che ora più che mai appare come un film di Tim Burton, piuttosto che un film su Batman. Il Joker infatti è un concetto, come del resto lo è anche lo stesso Batman, ma rispetto a quest’ultimo appare, paradossalmente, come un concetto più puro, scevro da compromessi e aggiustamenti di qualsivoglia tipo. E le parti migliori del film, secondo me, sono proprio quelle in cui il Joker mette a confronto gli uomini con le loro morali contraddittorie e zoppicanti, fino all’ultima atroce beffa, in cui costringe Batman a violentare la propria coscienza in nome di un bene apparentemente più grande e che avrà invece l’unico risultato di condurre tutti verso il disastro. E del resto, sappiamo tutti che la soluzione buonista trovata dagli sceneggiatori per risolvere il dilemma delle navi cariche di persone sul punto di esplodere (la parte più debole del film), non è altro che un tranquillante oppiaceo per lo spettatore medio.
In conclusione, un ottimo film, forse un po’ troppo lungo (c’è materiale per almeno 2 lungometraggi!) e con diverse incongruenze, ma comunque ben realizzato, oscuro e disturbante, reso indimenticabile dalla recitazione di Ledger.

P.S.: qualcuno sa spiegarmi perché la Planeta DeAgostini non ha colto questa occasione per ristampare “The Killing Joke”, esaurito ormai da anni e vera fonte di ispirazione per Nolan?

mercoledì 30 luglio 2008

Menstruating She-Zombies from Outer Space

Questa pellicola del 1966, purtroppo ormai scomparsa dai circuiti ufficiali di distribuzione, si inserisce a pieno titolo nel filone gore, inaugurato 3 anni prima dal celeberrimo “Blood Feast” di H.G. Lewis, come uno dei film più bizzarri mai realizzati nella storia del cinema horror.
Sinossi: in seguito all’atterraggio di un oggetto volante dalla forma semisferica nei pressi di Baltimora, le donne della città si trasformano in zombi sanguinari che si nutrono di carne cruda e cominciano a uccidere gli abitanti maschi (cani compresi) nelle maniere più efferate. Nemmeno l’intervento dei militari riuscirà a fermare la loro furia, fino all’ultima, truculentissima orgia di sangue, per un finale di quelli che non si dimenticano.
Rod Chiosco, regista allora al suo primo film e poi indimenticato autore di capolavori immortali quali “Butcher Baby” e “Slash Me Slowly”, dirige con sorprendente maestria un cast di stelle dell’epoca, dando il meglio di sé nelle scene di violenza domestica, dove la tranquillità borghese da villetta a schiera viene sconvolta da allucinate esplosioni di ferocia femminile, sempre preannunciate e cadenzate da copiose fuoriuscite di sangue mestruale. Da antologia la sequenza in cui il personaggio interpretato dall’ex-playgirl Bunny Deveraux soffoca il marito con un tampax, mentre la marcia delle implacabili donne-zombi con le gambe lorde di sangue alla fine del film è un’immagine che ormai è entrata nella storia del cinema di genere.
L’oggetto volante è citato da Trey Parker all’interno di “South Park: Bigger, Longer and Uncut”, quando Stan trova finalmente il clitoride.
In conclusione, un film per stomaci forti, ma decisamente imperdibile. Da recuperare.

Nell’immagine, la citazione di Trey Parker esemplifica il difficile rapporto fra le donne e gli autori di cartoni animati e film horror

lunedì 28 luglio 2008

MinCulPop

“…dannata internet/Col motore di ricerca puoi arrivare dappertutto/Anche dove non volevi”.

Le immortali parole di Elio e le Storie Tese (Gargaroz) mi servono come ideale introduzione per segnalare una cosa straordinariamente orribile che ho trovato curiosando su Toonopedia, la Chick Publications.
Questa casa editrice, che adesso pubblica molta roba on-line, esiste, a quanto sembra, fin dal 1961, cioè lo stesso anno in cui fu pubblicato Fantastic Four #1 (!!!).
Si tratta di fumetti che propagandano idee farneticanti e fondamentaliste di matrice cristiano-protestante, al cui confronto la Santa Inquisizione sembra un circolo di ricamo. Sono tavole piene zeppe di didascalie, in antitesi a tutti i principi dello story-telling, con disegni appena accettabili: ma del resto agli autori non interessa il linguaggio, ma soltanto la persuasione. E di sicuro il fumetto possiede un grado di suggestione e semplificazione molto più forte di qualunque altro mezzo espressivo.

Vi invito a leggere “I padrini” a questo indirizzo, limitandomi a riportare qui uno dei passi più brillanti:

“I Gesuiti, sempre pronti per ogni evenienza, avevano preso queste misure precauzionali nel caso avessero perso la seconda Guerra Mondiale:
1. Assicurarsi che tutti quanti credessero che il Vaticano non avesse avuto niente a che fare con la guerra e, con il tempo, convincere il mondo che l’Olocausto non fosse mai esistito.
[…]
5. Eleggere un Papa comunista da dietro la Cortina di Ferro… per accontentare i comunisti e convertirli al cattolicesimo…”

Secondo Jack T. Chick, fac-totum di questa casa editrice, esiste da secoli un grande complotto orchestrato dalla Chiesa di Roma (“The Great Whore”), nel quale sarebbero coinvolti il nazismo, il comunismo, gli ebrei, i massoni e il KKK… Anche Fidel Castro sarebbe soltanto un agente dei Gesuiti.
Tralascio, per brevità, di riportare il pensiero di questo neo-illuminista su argomenti quali evoluzione, aborto ed omosessualità.

Puro delirio, insomma, che qualcuno potrebbe trovare anche divertente, come ad esempio Robert Crumb, che è noto per essere un fan di questa robaccia.
Leggete e giudicate voi stessi: per quello che riguarda me, la parola “censura” ha assunto un nuovo e intrigante fascino.

“It makes me despair about America that there are so many people who read these things” (Art Spiegelman)


Nell’immagine, Paparatzi si interroga, ma sotto sotto approva

martedì 22 luglio 2008

103.3 megacicli

L’automobilismo è la mia vita. Il metallo rovente, gli pneumatici spalmati sull’asfalto, l’odore pungente del gasolio… Le lunghe code in autostrada, gli inestricabili ingorghi urbani, il sole che cuoce l’abitacolo, la pioggia che vela il parabrezza… Tir sulla corsia di sorpasso, carichi dispersi, sterpaglie in fiamme, lavori in corso in galleria, SGC senza corsia d’emergenza… Brogeda, Monte Olimpino, Gravellona Toce.
Pratico l’automobilismo di resistenza, senza riflettori, senza tifosi, senza competizioni, se non contro me stesso e contro la strada: dissestata, ghiacciata, allagata, intasata, fangosa, tortuosa…
Almeno due ore al giorno, nelle arterie asfaltate battute dai pendolari e dai commessi viaggiatori. Una disciplina dura, che richiede un grandissimo livello di attenzione per non perdere calma e concentrazione, che forgia i nervi nell’acciaio e allena lo spirito alle più infide avversità.

Ma la concentrazione lascia spazio anche ad altri pensieri, e sono i pensieri che si inseguono in quelle ore di corse e di attese che troveranno spazio in questo blog. Non parlerò di cose personali perché, come diceva Kaz Decan, “sono fatti miei”. Ci sarà spazio per tutto il resto, quindi non resta che controllare il livello dell’olio e la pressione delle gomme e salire a bordo: si parte!!!