Ma io lo amo anche El Diego, lo amo profondamente. Lo amo perché nessuno ha mai segnato i gol che ha segnato lui, dalle posizioni più improbabili e con le traiettorie più imprevedibili, spesso alla conclusione di geniali e irridenti ricami di dribbling. Lo amo perché non aveva un fisico da atleta, ma era soltanto un tracagnotto sormontato da un cesto di ricci, legittimo erede di una razza di immigrati sfigati: però quando scendeva in campo cominciava a danzare con eleganza, alternando scatti felini e folgoranti intuizioni da fermo, in un misto di indolenza, tango e poesia. Lo amo perché El Diego ha vinto gli ultimi mondiali belli della storia del calcio, quelli del 1986 in Messico, quando ancora gli sponsor erano pochi, di soldi ne giravano meno, le televisioni si occupavano soprattutto di altro e non esistevano tatuaggi, veline, squadre corte, rose allargate e preparatori atletici. «Pumpido, Cuciuffo, Olarticoechea…» Ricordo bene la filastrocca di quella formazione, composta perlopiù da oscuri gregari di centrocampo e da pericolosi ceffi da galera in difesa, ma con davanti un trio di veri fuoriclasse. Burruchaga a destra, un’ala di vecchio stampo instancabile e precisa, e Valdano a sinistra, il puntero di peso implacabile sotto porta: e poi nel mezzo lui, il Genio, un po’ regista e un po’ centravanti, immarcabile, libero di muoversi e di inventare, con 5 assist e 5 gol in 7 partite. Tutte prodezze memorabili, per me in particolare la doppietta segnata al Belgio in semifinale, davvero la quintessenza del Football. È notizia di questi giorni, proprio mentre il Napoli è di nuovo in testa alla classifica dopo mille anni, che El Diego guiderà la Selección argentina, detentrice del titolo olimpico e al settimo posto nel ranking mondiale FIFA. Forse è solo una manovra mediatica, che di sicuro farà gola agli sponsor, ma a me piace pensare che El Diego qualche buon consiglio riuscirà a darlo, magari proprio a Leo Messi, l’ultimo dei suoi numerosi eredi, finora tutti illegittimi.
venerdì 31 ottobre 2008
Odi et amo
Ma io lo amo anche El Diego, lo amo profondamente. Lo amo perché nessuno ha mai segnato i gol che ha segnato lui, dalle posizioni più improbabili e con le traiettorie più imprevedibili, spesso alla conclusione di geniali e irridenti ricami di dribbling. Lo amo perché non aveva un fisico da atleta, ma era soltanto un tracagnotto sormontato da un cesto di ricci, legittimo erede di una razza di immigrati sfigati: però quando scendeva in campo cominciava a danzare con eleganza, alternando scatti felini e folgoranti intuizioni da fermo, in un misto di indolenza, tango e poesia. Lo amo perché El Diego ha vinto gli ultimi mondiali belli della storia del calcio, quelli del 1986 in Messico, quando ancora gli sponsor erano pochi, di soldi ne giravano meno, le televisioni si occupavano soprattutto di altro e non esistevano tatuaggi, veline, squadre corte, rose allargate e preparatori atletici. «Pumpido, Cuciuffo, Olarticoechea…» Ricordo bene la filastrocca di quella formazione, composta perlopiù da oscuri gregari di centrocampo e da pericolosi ceffi da galera in difesa, ma con davanti un trio di veri fuoriclasse. Burruchaga a destra, un’ala di vecchio stampo instancabile e precisa, e Valdano a sinistra, il puntero di peso implacabile sotto porta: e poi nel mezzo lui, il Genio, un po’ regista e un po’ centravanti, immarcabile, libero di muoversi e di inventare, con 5 assist e 5 gol in 7 partite. Tutte prodezze memorabili, per me in particolare la doppietta segnata al Belgio in semifinale, davvero la quintessenza del Football. È notizia di questi giorni, proprio mentre il Napoli è di nuovo in testa alla classifica dopo mille anni, che El Diego guiderà la Selección argentina, detentrice del titolo olimpico e al settimo posto nel ranking mondiale FIFA. Forse è solo una manovra mediatica, che di sicuro farà gola agli sponsor, ma a me piace pensare che El Diego qualche buon consiglio riuscirà a darlo, magari proprio a Leo Messi, l’ultimo dei suoi numerosi eredi, finora tutti illegittimi.
martedì 28 ottobre 2008
Thundering Smiles! :-D
Sembra incredibile, ma al di là dei soliti polpettoni buoni per tutti i palati, Hollywood è ancora in grado di sorprenderci. Sette anni dopo il cult “Zoolander”, Ben Stiller torna dietro la macchina da presa con “Tropic Thunder” per raccontarci di un gruppo di attori primedonne (fra cui lui stesso, Jack Black e un Robert Downey jr. magnifico, da Oscar) alle prese con l’ennesimo film sul Vietnam: problemi fra il produttore e il regista convincono quest’ultimo a ricercare un maggiore realismo nelle riprese, tanto da spingere i nostri eroi fra le braccia di veri narcotrafficanti armati fino ai denti...
Le gag e le battute sono spesso irresistibili, gli attori in stato di grazia e feroce è il sarcasmo nei confronti di un certo modo molto americano di fare cinema; si ride di gusto, e viene da pensare quanto ancora siano grandi ed in parte inesplorate le potenzialità del genere comico.
Stiller si conferma un attore straordinario ed un regista dalle capacità sorprendenti (se la caverebbe alla grande anche con un “action movie”), oltre che un raro esempio di autore completo, considerando che ha contribuito alla sceneggiatura ed alla produzione. Impedibili i finti trailer prima dell’inizio del film ed il cameo di un eccezionale Tom Cruise, di cui vi do un assaggio: fa bene allo spirito quando un’icona ride così di se stessa, e mi viene da piangere a pensare a quanto invece gli attorucoli nostrani si prendano sul serio… Ve lo immaginate, che so, Raul Bova, a ballare così? Naaaaaa… :-(
martedì 21 ottobre 2008
Calcio d'inizio
lunedì 20 ottobre 2008
I Visionauti
In breve, i Visionauti sono 32 artisti italiani e stranieri che hanno realizzato, a scopo benefico, un calendario in 2 versioni (*) per conto della sezione di Prato dell’Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi, di cui io stesso sono consigliere.
Le 2 versioni differiscono completamente l’una dall’altra e contengono ciascuna 15 disegni ed un racconto di Lorenzo Bartoli (tutto materiale inedito). I proventi della vendita serviranno interamente per continuare a garantire servizi utili ai portatori di handicap della vista.
Si può acquistare, al costo di 10 euro, nei seguenti modi:
- alla prossima Lucca Comics (30 ottobre-2 novembre, presso gli stand Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce e Tunuè)
- attraverso il catalogo Anteprima che presenterà il calendario nel numero di novembre;
- presso la fumetteria “Mondi Paralleli” di Prato (v. Ser Lapo Mazzei n° 26, tel. 0574-41903, e-mail mondi_paralleli@inwind.it);
- scrivendo all’indirizzo: visionauti@gmail.com.
giovedì 16 ottobre 2008
Sado Maso
Trovo un po’ di quiete grazie a Paolo Bacilieri, autore, ormai 12 anni orsono, di un albetto di 16 pagine (edito dalla defunta Phoenix e ristampato di recente da Comma 22 su inguineMAH!2008, dietro una folgorante cover sempre di Bacilieri) che racconta questa vicenda alla sua maniera, in un caleidoscopio strabordante di suggestioni ed inquietudini che però risultano molto più lucide ed efficaci di molti saggi od articoli di giornale. “The Supermaso attitude” rimane secondo me uno dei lavori migliori e più originali di Bacilieri, anche se Paolo poi sarebbe cresciuto ancora, perfezionando il tratto e la tecnica narrativa, fino a diventare uno dei pochissimi autori ad aver portato stile e personalità nello stantio panorama bonelliano.
Mi risuona nella testa anche una frase scritta da Daniele Brolli nell’introduzione:
«Il parenticidio di Pietro Maso non è interamente giustificato da motivi di interesse, vi è anche qualcosa che appartiene all’inarticolato: forse la psiche, forse il nulla…».
Ecco, il nulla. Anzi, il Nulla. Forse è proprio questa l’entità invincibile su cui tentano inutilmente di aggrovigliarsi i miei pensieri, nel patetico sforzo di contenerla.
Riferimenti: “The Supermaso attitude” di Paolo Bacilieri, Phoenix Enterprise, 1996
Nella vignetta di Bacilieri, una tardiva quanto effimera presa di coscienza
mercoledì 8 ottobre 2008
Perché Rob Liefeld è grande
Non dimentichiamoci poi che Liefeld è stato un po’ il Jean-Marc Bosman del fumetto americano, contribuendo alla fine del duopolio Marvel-DC con la fondazione della Image e quindi all’affermazione degli autori come i soggetti più importanti del comicdom, con tutto quel che ne è seguito, compresi i fenomeni di marketing selvaggio e di mercenariato, di cui lui stesso è uno dei protagonisti più significativi.
Rob Liefeld, uomo dotato di poco talento ma di molta forza e convinzione, è riuscito nell’impresa di conquistare i soldi e la fama, con vertiginosi alti e bassi, ma sempre con lo sguardo spavaldo ed il sorriso invincibile: Rob Liefeld è davvero, in conclusione, il sogno americano moderno impersonificato.
lunedì 6 ottobre 2008
Odissea nell'orgasmo
Un bizzarro cartoon, forse vecchio, forse polacco... A me ricorda un po' certa roba di Mattioli, qualcuno sa chi l'ha fatto e quando?