venerdì 31 ottobre 2008

Odi et amo

Io odio El Diego perché è stato forse il più grande calciatore di tutti i tempi ma ha buttato la sua carriera nel cesso, ubriaco di eccessi, droghe, doping, alcol e sregolatezze assortite. Lo odio perché nel 1990, quando disputò forse il suo peggior mondiale, riuscì lo stesso ad eliminare l’ultima Nazionale azzurra con la faccia pulita e che giocava bene. Lo odio soprattutto perché ai mondiali del 1994, risorto dopo anni di crisi con un magnifico gol agli Stati Uniti, fu trovato positivo all’efedrina proprio dopo quel match e quindi cancellato per sempre dalle maggiori competizioni calcistiche.
Ma io lo amo anche El Diego, lo amo profondamente. Lo amo perché nessuno ha mai segnato i gol che ha segnato lui, dalle posizioni più improbabili e con le traiettorie più imprevedibili, spesso alla conclusione di geniali e irridenti ricami di dribbling. Lo amo perché non aveva un fisico da atleta, ma era soltanto un tracagnotto sormontato da un cesto di ricci, legittimo erede di una razza di immigrati sfigati: però quando scendeva in campo cominciava a danzare con eleganza, alternando scatti felini e folgoranti intuizioni da fermo, in un misto di indolenza, tango e poesia. Lo amo perché El Diego ha vinto gli ultimi mondiali belli della storia del calcio, quelli del 1986 in Messico, quando ancora gli sponsor erano pochi, di soldi ne giravano meno, le televisioni si occupavano soprattutto di altro e non esistevano tatuaggi, veline, squadre corte, rose allargate e preparatori atletici. «Pumpido, Cuciuffo, Olarticoechea…» Ricordo bene la filastrocca di quella formazione, composta perlopiù da oscuri gregari di centrocampo e da pericolosi ceffi da galera in difesa, ma con davanti un trio di veri fuoriclasse. Burruchaga a destra, un’ala di vecchio stampo instancabile e precisa, e Valdano a sinistra, il puntero di peso implacabile sotto porta: e poi nel mezzo lui, il Genio, un po’ regista e un po’ centravanti, immarcabile, libero di muoversi e di inventare, con 5 assist e 5 gol in 7 partite. Tutte prodezze memorabili, per me in particolare la doppietta segnata al Belgio in semifinale, davvero la quintessenza del Football. È notizia di questi giorni, proprio mentre il Napoli è di nuovo in testa alla classifica dopo mille anni, che El Diego guiderà la Selección argentina, detentrice del titolo olimpico e al settimo posto nel ranking mondiale FIFA. Forse è solo una manovra mediatica, che di sicuro farà gola agli sponsor, ma a me piace pensare che El Diego qualche buon consiglio riuscirà a darlo, magari proprio a Leo Messi, l’ultimo dei suoi numerosi eredi, finora tutti illegittimi.


Nelle immagini, un ritratto di Diego scippato all'illustratore Jerzovskaja e l'icona dello scippo più famoso della storia del calcio, la Mano de Dios, così rappresentata su un muro di Helsinki

martedì 28 ottobre 2008

Thundering Smiles! :-D

Sembra incredibile, ma al di là dei soliti polpettoni buoni per tutti i palati, Hollywood è ancora in grado di sorprenderci. Sette anni dopo il cult “Zoolander”, Ben Stiller torna dietro la macchina da presa con “Tropic Thunder” per raccontarci di un gruppo di attori primedonne (fra cui lui stesso, Jack Black e un Robert Downey jr. magnifico, da Oscar) alle prese con l’ennesimo film sul Vietnam: problemi fra il produttore e il regista convincono quest’ultimo a ricercare un maggiore realismo nelle riprese, tanto da spingere i nostri eroi fra le braccia di veri narcotrafficanti armati fino ai denti...
Le gag e le battute sono spesso irresistibili, gli attori in stato di grazia e feroce è il sarcasmo nei confronti di un certo modo molto americano di fare cinema; si ride di gusto, e viene da pensare quanto ancora siano grandi ed in parte inesplorate le potenzialità del genere comico.
Stiller si conferma un attore straordinario ed un regista dalle capacità sorprendenti (se la caverebbe alla grande anche con un “action movie”), oltre che un raro esempio di autore completo, considerando che ha contribuito alla sceneggiatura ed alla produzione. Impedibili i finti trailer prima dell’inizio del film ed il cameo di un eccezionale Tom Cruise, di cui vi do un assaggio: fa bene allo spirito quando un’icona ride così di se stessa, e mi viene da piangere a pensare a quanto invece gli attorucoli nostrani si prendano sul serio… Ve lo immaginate, che so, Raul Bova, a ballare così? Naaaaaa… :-(

martedì 21 ottobre 2008

lunedì 20 ottobre 2008

I Visionauti


È con un po’ di emozione e con tanto orgoglio che vi parlo de “I Visionauti”, un progetto molto bello e importante (lo dico senza falsa modestia) a cui ho avuto il piacere e l’onore di partecipare.
In breve, i Visionauti sono 32 artisti italiani e stranieri che hanno realizzato, a scopo benefico, un calendario in 2 versioni (*) per conto della sezione di Prato dell’Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi, di cui io stesso sono consigliere.

Al progetto, coordinato e diretto con passione e maestria dall’amico Niccolò Storai, hanno aderito, fra gli altri: Scott Morse, Ivo Milazzo (autori delle 2 copertine, che potete vedere in anteprima), Miguel Ángel Martín, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon e Dave Taylor. Tutti nomi che credo non abbiano bisogno di presentazioni.
Le 2 versioni differiscono completamente l’una dall’altra e contengono ciascuna 15 disegni ed un racconto di Lorenzo Bartoli (tutto materiale inedito). I proventi della vendita serviranno interamente per continuare a garantire servizi utili ai portatori di handicap della vista.
Si può acquistare, al costo di 10 euro, nei seguenti modi:
- alla prossima Lucca Comics (30 ottobre-2 novembre, presso gli stand Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce e Tunuè)
- attraverso il catalogo Anteprima che presenterà il calendario nel numero di novembre;
- presso la fumetteria “Mondi Paralleli” di Prato (v. Ser Lapo Mazzei n° 26, tel. 0574-41903, e-mail mondi_paralleli@inwind.it);
- scrivendo all’indirizzo: visionauti@gmail.com.

Grazie a tutti quelli che vorranno contribuire!

The Visionauti are 32 italian and foreign artists who realized, for a charitable aim, a calendar in two versions, for the account of the Prato section of the "Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi". Between them we remember: Scott Morse, Ivo Milazzo, Miguel Angel Martin, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon and Dave Taylor. The two versions are completely different one to the other and each one contains 15 drawings and a short story by Lorenzo Bartoli (everything is unpublished). The income deriving from the sales will be entirely used to continue to guarantee useful services for sight disabled people. You can buy the calendars for 10 E. each during the next Lucca Comics (30th october-2nd november at the stands Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce and Tunuè) or writing to: visionauti@gmail.com.

giovedì 16 ottobre 2008

Sado Maso

Talvolta capita che i pensieri si aggroviglino in nodi inestricabili, e allora si cerca di venirne a capo con la riflessione e la scrittura, che creano un po’ di distanza e di ordine. È quello che mi è successo in questi giorni, dopo aver appreso della semilibertà concessa a Pietro Maso. La prima reazione, “di pancia”, si rifà direttamente a quel tipo di semplificazioni che ti portano a dire che «in Italia non esiste la certezza della pena», e subito penso che anche questa decisione non mi sembra giusta, equa, adeguata. Poi però, immediatamente dopo, mi chiedo se questa società sia davvero in grado di dare una risposta “giusta”, “equa” ed “adeguata” a delitti così atroci, e tento anche di convincermi della possibilità che quest’uomo possa davvero aver fatto i conti con la propria coscienza, e che quindi possa essere cambiato… In fondo, il carcere non dovrebbe avere soltanto una funzione punitiva, giusto? Ma poi mi ritornano in mente gli atti processuali e le migliaia di lettere dei fan di Maso, e devo constatare, mio malgrado, che il terreno che ha generato questa ed altre mostruosità è probabilmente ancora molto fertile. Me lo immagino già come ospite di un qualche show dell’orrore, alla ricerca di quella fama maledetta ormai perduta, ridotto soltanto ad una porzione di fast food proibito per un pubblico avido di morbosità.

Trovo un po’ di quiete grazie a Paolo Bacilieri, autore, ormai 12 anni orsono, di un albetto di 16 pagine (edito dalla defunta Phoenix e ristampato di recente da Comma 22 su inguineMAH!2008, dietro una folgorante cover sempre di Bacilieri) che racconta questa vicenda alla sua maniera, in un caleidoscopio strabordante di suggestioni ed inquietudini che però risultano molto più lucide ed efficaci di molti saggi od articoli di giornale. “The Supermaso attitude” rimane secondo me uno dei lavori migliori e più originali di Bacilieri, anche se Paolo poi sarebbe cresciuto ancora, perfezionando il tratto e la tecnica narrativa, fino a diventare uno dei pochissimi autori ad aver portato stile e personalità nello stantio panorama bonelliano.
Mi risuona nella testa anche una frase scritta da Daniele Brolli nell’introduzione:
«Il parenticidio di Pietro Maso non è interamente giustificato da motivi di interesse, vi è anche qualcosa che appartiene all’inarticolato: forse la psiche, forse il nulla…».
Ecco, il nulla. Anzi, il Nulla. Forse è proprio questa l’entità invincibile su cui tentano inutilmente di aggrovigliarsi i miei pensieri, nel patetico sforzo di contenerla.

Riferimenti: “The Supermaso attitude” di Paolo Bacilieri, Phoenix Enterprise, 1996

Nella vignetta di Bacilieri, una tardiva quanto effimera presa di coscienza

mercoledì 8 ottobre 2008

Perché Rob Liefeld è grande

Leggendo qui le impietose critiche dell’amico Heike nei confronti di Rob Liefeld, mi è venuta voglia di parlare finalmente di questo autore, che io considero una delle figure più importanti nella storia recente del fumetto popolare. Mi immagino che a qualche palato fine, leggendo la mia affermazione precedente, sia venuta voglia di vomitare, e di sicuro bisogna ammettere che i disegni del buon Rob non sono esattamente dei “bei disegni”. Lo possiamo accusare di tutto: scarsa conoscenza della prospettiva e dell’anatomia, gusto kitsch per costumi improbabili e armamentari esagerati, espressioni dei personaggi limitate a 2 (“digrignata” e “molto digrignata”), fino alle sproporzioni che lo hanno reso celebre, vale a dire teste piccole e piedi piccolissimi alle estremità di corpi enormi e gonfi (pur essendo squadrati!), con muscolature maschili e curve femminili ben oltre le leggi della fisica newtoniana. Tutte accuse fondate e legittime, senza contare che Liefeld è colpevole anche del reato più grave, cioè quello di aver “mortalkombatizzato” (espressione sua) i fumetti di supereroi, fotografando sulla carta stampata i livelli dei videogame di genere “sparatutto”, spesso senza neppure un minimo di coerenza narrativa. E tuttavia le tavole di Liefeld sono piene di forza, sparano (letteralmente) energia da ogni vignetta, e sembrano pulsare di una bizzarra vita propria, magmatica e chiassosa. Sono anche rozze, indubbiamente, sgradevoli, probabilmente volgari e alla fine fastidiose, ma il loro fascino secondo me sta anche qui: di cercare il segno si occuperanno altri, più raffinati ed intellettuali, a Rob interessa solo la dimensione più popolare e commerciale del fumetto, proprio come ai suoi colleghi più oscuri della rutilante Golden Age, un tempo misconosciuti, quando non disprezzati, ed ora riscoperti e apprezzati (cfr. ad esempio Fletcher Hanks).
Non dimentichiamoci poi che Liefeld è stato un po’ il Jean-Marc Bosman del fumetto americano, contribuendo alla fine del duopolio Marvel-DC con la fondazione della Image e quindi all’affermazione degli autori come i soggetti più importanti del comicdom, con tutto quel che ne è seguito, compresi i fenomeni di marketing selvaggio e di mercenariato, di cui lui stesso è uno dei protagonisti più significativi.
Rob Liefeld, uomo dotato di poco talento ma di molta forza e convinzione, è riuscito nell’impresa di conquistare i soldi e la fama, con vertiginosi alti e bassi, ma sempre con lo sguardo spavaldo ed il sorriso invincibile: Rob Liefeld è davvero, in conclusione, il sogno americano moderno impersonificato.

L’ immagine (di Rob Liefeld, of course) illustra bene perché Cable sia stato uno dei personaggi più di “rottura” del fumetto americano degli ultimi 20 anni (tratta da Cable & Deadpool #1, Marvel Comics, 2004)

lunedì 6 ottobre 2008

Odissea nell'orgasmo



Un bizzarro cartoon, forse vecchio, forse polacco... A me ricorda un po' certa roba di Mattioli, qualcuno sa chi l'ha fatto e quando?